Risultati assemblee associative 2016

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ELETTO IL DIRETTIVO PER IL TRIENNIO 2016/2018 : ECCO I NOMI !

Per statuto l’associazione è amministrata dal comitato direttivo, i cui membri sono eletti dalle assemblee ordinarie dei soci per un triennio, e consta di 12 consiglieri di cui 6 eletti dall’assemblea per il centro nord e 6 eletti dall’assemblea per il centro sud. Nella prima riunione utile dopo quella dell’assemblea che li ha eletti, i consiglieri provvedono ad attribuire al loro interno le cariche sociali di presidente, vice presidente e tesoriere. Dopo le assemblee di Roma (11 maggio) e di Milano (27 maggio), e dopo le riunioni di direttivo a Milano (sempre il 27 maggio) e a Roma (oggi 7 giugno), il comitato direttivo in carica per il triennio 2016 – 2018 è composto come segue:

Membri eletti per il Centro Sud:

Walter Deitinger – Presidente
Livia De Stefano
Nicola Fasciano

Dario Paoletti

Daniela Savoia
Alessia Spinazzola – Tesoriera

Membri eletti per il Centro Nord:

Giovanni Laratta

Samantha Manella – Vice Presidente
Claudio Pozza

Antonio Succi
Calogero Suriano

 

L’anno prossimo l’assemblea dei soci del centro nord avrà facoltà di completare il direttivo eleggendone il sesto componente, per il quale il 27 maggio non è stata individuata idonea candidatura. Potranno altresì eleggere un membro del collegio dei probiviri, che si è ridotto a due membri a seguito del “passaggio” di Daniela Savoia a membro del direttivo.

 A nome dell’Associazione, ai consiglieri che sono stati confermati ed a quelli di nuova nomina, così come ai consiglieri uscenti che non si sono ricandidati (Armando Rinaldi e Paola Lunghi a Milano, Corrado Cutrufo, Raffaella D’Alessandro e Marco Noferini a Roma) diciamo “GRAZIE!” ed il nostro più affettuoso e cordiale “IN BOCCA AL LUPO!” per il futuro.

 

 

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Audizione presso la Commissione Lavoro del Senato

ROMA 25 MARZO 2015:  ATDAL OVER40 IN AUDIZIONE AL SENATO
La nostra Associazione è stata invitata in audizione presso la XI Commissione Lavoro e Previdenza Sociale del Senato della Repubblica. Nel documento di convocazione la Commissione ci convocava richiedendoci di esprimere un giudizio in merito ai seguenti Disegni di Legge:
1)   DDL 1148  “Istituzione del Reddito di Cittadinanza e del Salario Minimo Orario (SMO)”, DDL presentato dal Movimento 5 Stelle (M5S).
2) DDL 1670 , “Istituzione del Reddito Minimo Garantito (RMG)”, DDL presentato da Sinistra, Ecologia e Libertà (SEL).
3)   DDL 1697 , “Istituzione del Salario Minimo Orario (SMO), DDL presentato dal Movimento 5 Stelle (M5S).
La delegazione Atdal Over40 era composta da: Presidente Walter Deitinger, la Tesoriera Alessia Spinazzola, la Consigliera Raffaella D’Alessandro, il Socio Fondatore Armando Rinaldi. Presenti all’audizione una quindicina di Senatori e i rappresentanti di un’Associazione per la Tutela delle Famiglie, anch’essa convocata in audizione.
In apertura dell’incontro il nostro Presidente è stato invitato ad intervenire esprimendo in modo sintetico le nostre considerazioni in merito ai DDL oggetto dell’incontro. E’ poi stata data la parola a Rinaldi Armando che ha integrato alcuni punti della nostra riflessione. Sintetizziamo di seguito le nostre prese di posizione.
Abbiamo espresso un giudizio positivo sull’intenzione di istituire anche in Italia di una forma di reddito minimo garantito (RMG) in linea con quanto avviene nel resto d’Europa.
Abbiamo però rilevato la sostanziale incoerenza tra il principio stesso alla base dell’istituto del RMG, strumento di sostegno al reddito universale e individuale, come peraltro precisato anche nelle introduzioni ai DDL 1148 e 1670, e gli articoli che definiscono il corpo delle Leggi proposte.
– In particolare, i due DDL subordinano accesso e mantenimento del RMG alla disponibilità del singolo ad attivarsi per ottenere una occupazione. A nostro avviso, in totale accordo con la rete europea per il RMG de nominata BIN (Basic Income Network) alla quale aderiamo, questo approccio confonde RMG e Indennità di Disoccupazione (IdD). I due Istituti sono diversi in termini quantitativi e qualitativi. In un caso (RMG) parliamo di valori attorno ai 600-800 euro mensili, nell’altro (IdD), la prassi europea fissa il contributo mensile attorno al 60-80% dell’ultimo salario percepito e condiziona il beneficio alla disponibilità ad accettare una proposta di lavoro professionalmente adeguata e con una retribuzione vicina al livello dell’ultimo salario percepito. Dopo tre rifiuti di proposte di lavoro con tali caratteristiche si perde il diritto all’IdC, non al RMG.
– Inoltre, nei due DDL, la concessione del RMG garantito è subordinata al reddito del nucleo famigliare in contrasto con uno dei principi di questo Istituto che è quello della Individualità. Secondo questa interpretazione configura le due proposte di legge più come strumenti di sostegno alle Famiglie in difficoltà, una misura certamente importante e condivisibile ma che ha poco a che vedere con il RMG.

Abbiamo espresso una valutazione positiva sulle proposte del DDL 1148 di costituzione di un Osservatorio Nazionale sul Mercato del Lavoro e di una Struttura Informativa Centralizzata nella quale confluisca la storia professionale, i percorsi formativi, ecc. di ogni cittadino in età lavorativa.
Critico invece il nostro giudizio sull’impianto normativo proposto dal DDL 1148 per l’attuazione e la verifica delle misure proposte che individua negli Enti Locali, nei Centri per l’Impiego CpI) e, in subordine, nelle Agenzie per il Lavoro (ApL), i principali referenti a garanzia del funzionamento della normativa. Sappiamo per esperienza diretta gli attuali grandi limiti del CpI e ancor peggio delle ApL e abbiamo seri dubbi che possano offrire tali garanzie. La nostra proposta è quella di un coinvolgimento del mondo delle associazioni di volontariato del settore, in collaborazione con enti universitari. Su questo punto il DDL 1670 semplifica notevolmente le procedure per l’attuazione della legge proposta.
Un rilievo molto critico al DDL 1148 riguarda il capitolo che tratta delle coperture finanziarie laddove, tra le tante voci elencate, si trova la proposta di istituzione di un contributo di solidarietà sulle pensioni in essere che superino di 6 volte l’importo lordo della pensione minima. Una proposta in linea con le posizioni del Prof. Tito Boeri, sostenitore da sempre delle riforme previdenziali (inclusa la Riforma Fornero) che hanno gettato nella disperazione centinaia di migliaia di disoccupati maturi nonché sostenitore di quella flessibilità che ha prodotto generazioni di precari senza futuro. Sulle idee di Boeri ci siamo espressi più volte e non possiamo che ribadire la nostra totale opposizione alla proposta contenuta nel DDL 1148.
Il Dibattito
Hanno replicato alle nostre posizioni i Senatori Nunzia Catalfo (M5s) e Giovanni Barozzino (SEL). La rappresentante M5S ha svolto un intervento piuttosto duro nei nostri confronti dando in parte l’impressione di non avere compreso appieno le nostre posizioni ma forse anche di interpretare i nostri interventi come un attacco al M5S, cosa che non è mai stata nelle nostre intenzioni. Nel merito è comunque emersa la distanza tra il nostro modo di concepire il RMG e quella degli estensori del DDL 1148.
Il rappresentante di SEL ha usato toni meno accorati offrendo una disponibilità ad approfondire il confronto con la nostra Associazione.
La Senatrice Anna Maria Parenti (PD), relatrice incaricata dei tre DDL, ha fatto un breve intervento offrendo anche lei una apertura per altri momenti di confronto.
Atdal ha potuto controreplicare e il nostro intervento si è concentrato sulle prese di posizione del M5S ripercorrendo con durezza la storia della disoccupazione in età matura, i mancati interventi legislativi a sostegno di questa categoria di disoccupati la cui condizione è ben nota alla Commissione Lavoro del Senato dal lontano 2004 e cogliendo anche l’occasione per sottolineare la persistente discriminazione degli over40 nelle offerte di lavoro, discriminazione presente anche nei bandi di gara della Camera e del Senato.
Conclusa la seduta abbiamo avuto dei brevi colloqui individuali, con le due Senatrici del M5S, con il Senatore di SEL e la Senatrice del PD ognuno dei quali ci ha proposto di approfondire i contatti e il confronto.

Relazione di Atdal Over 40  sui tre DDL lasciata a disposizione della Commissione.

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Jobs Act: Tutele crescenti chi le ha viste?

In allegato troverete l’articolo pubblicato recentemente dal Corriere della Sera,  dell’Avv. Mario Fezzi che analizza il Jobs Act con particolare riferimento al tema delle presunte tutele crescenti.

Articolo di Mario Fezzi su Jobs Act

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Newsletters associative per il centro nord

2018

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Newsletter-ATDAL-ALP-XVI-02

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Newsletter-ATDAL-ALP-XVI-01 – Modulo Istanza Prestazione sanitaria

Newsletter-ATDAL-ALP-XVI-01 – Liste attesa Sanita

2017

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Newsletter-ATDAL-ALP-XV-13

Newsletter-ATDAL-ALP-XV-12

Newsletter-ATDAL-ALP-XV-Speciale Sanità

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Newsletter-ATDAL-ALP-XV-01

2016

Newsletter-ATDAL-ALP-XIV-15

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Newsletter ATDAL-ALP XIV-04

Newsletter ATDAL-ALP XIV-03

Newsletter ATDAL-ALP XIV-02

Newsletter ATDAL-ALP XIV-01

2015

Newsletter Centro Nord XIII-23

Newsletter Centro Nord XIII-22

Newsletter Centro Nord XIII-21

Newsletter Centro Nord XIII-20

Newsletter Centro Nord XIII-19

Newsletter Centro Nord XIII-18

Newsletter Centro Nord XIII-17

Newsletter Centro Nord XIII-16

Newsletter Centro Nord XIII-15 

Newsletter Centro Nord XIII-14

Newsletter Centro Nord XIII-13

Newsletter Centro Nord XIII-12

Newsletter Centro Nord XIII-11

Newsletter Centro Nord XIII-10

Newsletter Centro Nord XIII-09

Newsletter Centro Nord XIII-08

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Newsletter Centro Nord XIII-06

Newsletter Centro Nord XIII-05

Newsletter Centro Nord XIII-04

Newsletter Centro Nord XIII-03

Newsletter Centro Nord XIII-02

Newsletter Centro Nord XIII_01

 

Newsletter Centro Nord XII 2

Newsletter Centro Nord XII_1

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Regione Lombardia progetto di legge N. 0163

Logo Regione Lombardia Progetto di Legge N. 0163 (29/04/2014)

“Misure a favore del reinserimento al lavoro per lavoratrici e lavoratori over 50, in stato di disoccupazione” scaricare qui il doc PdL per Over 50

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LA PENSIONE COMPLEMENTARE

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LA PENSIONE COMPLEMENTARE –  QUALE PENSIONE COMPLEMENTARE ?

                                                                                          se vuoi scaricare l’articolo clicca qui

 

Premessa

Il tema dello sviluppo del pilastro previdenziale complementare si basa sull’assunto che, causa il trend demografico, occorre garantire nel tempo la sostenibilità dei sistemi previdenziali pubblici sui quali da anni si è intervenuti allungando i tempi di accesso alla pensione e riducendo il valore della rendita della pensione stessa.

Questo aspetto si inquadra nel più generale programma dell’UE di controllo del bilancio pubblico comunitario e dei bilanci pubblici nazionali che, secondo la CE, hanno visto un progressivo aumento del deficit.

In realtà i dati ufficiali dicono che se è vero che negli ultimi anni il deficit del bilancio europeo è passato dal 60 all’80% (+ 20 punti percentuali), la quota di deficit imputabile ai costi dello stato sociale è rimasta praticamente invariata attorno al 25% se si escludono gli interventi a sostegno del crescente numero di disoccupati.

L’aumento di 20 punti percentuali sul deficit del bilancio comunitario deriva al contrario da alcuni trilioni di euro che l’EU, attraverso gli Istituti finanziari centrali e nazionali, ha erogato alle banche sull’orlo del fallimento provocato dalle proprie politiche finanziarie definibili in alcuni casi avventate e in altri casi criminali.

Assodato quindi che l’aumento del deficit di bilancio non è imputabile ai costi dello stato sociale e delle pensioni in particolare, si tratta di capire se il punto dal quale partire per affrontare gli aspetti che riguardano la tutela della continuità di uno stato sociale, basato su criteri che si sono affermati nel nostro continente in oltre un secolo, sia quello di pensare a come meglio espandere forme di previdenza complementari.

E’ chiaro che se la ragione di fondo, alla base di questa scelta, è quella di favorire nuove opportunità di business per quel sistema finanziario che è all’origine della più grave crisi economica della storia, diventa difficile far prevalere criteri di logica e razionalità. Ma noi vogliamo provarci.

 

Correlazione tra Occupazione e Sistema Previdenziale Pubblico

Logica e razionalità ci dicono che quanto più si contrae il numero degli occupati tanto più si riduce la massa di contributi che pervengono nelle casse di un ente previdenziale pubblico. Ne consegue che il deficit dell’ente aumenta se non si riesce a risolvere la causa a monte che è per l’appunto quella della disoccupazione.

–     Allungare i termini della vita lavorativa non risolve il problema di fondo e per certi versi lo aggrava se pensiamo che chi perde il lavoro in età matura non ha più l’obiettivo di uno standard di vita dignitoso quanto quello della sopravvivenza

–     Ridurre il valore della rendita per coloro che accedono alla pensione invece di assicurare il mantenimento di uno standard di vita dignitoso garantisce la crescita della massa di cittadini che vivono sotto la soglia di povertà.

 

Correlazione tra Occupazione e Sistemi Previdenziali Complementari

Anche in questo caso esiste una correlazione forte tra il livello occupazionale e le possibilità per i lavoratori di investire in un fondo previdenziale complementare.

Assunto che coloro che sono disoccupati hanno ben altre priorità che quelle di investire in una forma di previdenza complementare guardiamo alle condizioni di coloro che hanno un lavoro.

–     Dipendenti con un impiego fisso e un contratto a tempo indeterminato.

Il salario medio di un lavoratore italiano è oggi pari a 1.327 euro netti mensili. I suoi versamenti contributivi a favore del sistema previdenziale pubblico sono pari al  33% del salario lordo e sono per il 23,81% a carico del datore di lavoro e per il 9,19% a carico del lavoratore stesso (la percentuale sale al 10,19% da calcolarsi sulla quota di reddito che supera i 42.043 euro lordi annui). Non è difficile comprendere quanto siano ristretti i margini di investimento che un lavoratore potrebbe decidere partendo da tale livello salariale

–     Dipendenti flessibili o precari

In Italia abbiamo oggi oltre 4 milioni di lavoratori precari molti dei quali non riescono a lavorare in modo continuativo più di qualche mese all’anno. Coloro che hanno un contratto precario ma continuativo su base annua ricevono un salario netto di circa 900 – 1000 euro. Francamente impensabile che possano anche solo considerare l’ipotesi di investire dei soldi in un sistema di previdenza complementare.

 

Considerazioni sull’impegno economico

L’investimento richiesto da un sistema previdenziale complementare al fine di permettere al termine della vita lavorativa di compensare la pensione pubblica e garantirsi un reddito adeguato al mantenimento di uno standard di vita qualitativo è per molti lavoratori non affrontabile. Destinare 100 o 200 euro mensili ad una assicurazione previdenziale determina un ritorno economico irrisorio al termine della vita lavorativa (si veda di seguito la proiezione di un caso reale).

Se per un giovane lavoratore l’ostacolo è insormontabile, considerando la precarietà della sua condizione lavorativa e il basso salario che percepisce, ostacoli ancor maggiori li trova un lavoratore over50-55 che, quand’anche decidesse di investire, avrebbe davanti a se un periodo lavorativo troppo breve per permettergli di maturare un vantaggio economico significativo al momento della pensione.

 

Gli incentivi all’adesione ad un fondo previdenziale complementare

In Italia esistono incentivi fiscali per coloro che decidono di investire in un sistema previdenziale complementare. Su base annua è possibile dedurre dal proprio reddito fino ad un massimo di 5.000,00 euro investiti in nella previdenza complementare. In termini pratici l’incentivo è interessante poiché permette di recuperare parte delle tasse che gravano sul reddito. Chi sceglie questa opzione lo fa spesso indipendentemente dalla redditività che gli garantirà il fondo pensionistico in quanto può subito recuperare parte dell’investimento attraverso un risparmio fiscale.

 

La situazione dei sistemi di previdenza complementare in Italia

A partire dal 2007 in Italia è stata avviata una azione di incentivazione allo sviluppo dei sistemi di previdenza complementare attraverso la creazione di fondi pensione su base privatistica. I lavoratori sono stati incentivati ad investire parte del proprio Trattamento di Fine lavoro in questi fondi.

La situazione alla fine del 2013 era la seguente:

 

Classe lavoratore Nr. Occupati Aderenti alla previdenza complementare

%

Dipendente settore privato

13.543.000

4.355.970

32,2

Dipendente settore pubblico

3.335.000

160.263

4,8

Lavoratori autonomi

5.542.000

1.687.530

30,4

Totale

22.420.000

6.203.763

27,7

 

Redditività di un sistema di previdenza complementare

L’esempio che riportiamo è reale e riferito ad un Fondo Previdenziale Complementare proposto in Italia da una importante società finanziaria francese.

Una lavoratrice, nata nel 1963, decide nel 2009 di aderire al Fondo Previdenziale Complementare arrivando a versare a fine 2014 circa 19.000 euro. Con riferimento all’attuale monte dei versamenti contributivi effettuati la lavoratrice all’età di 66 anni ha maturato un rendita annua pari a 899 euro lordi (75 euro lordi mensili).

Nel caso decida di proseguire il rapporto con il Fondo in questione e stimando di mantenere un analogo livello di contribuzione annua, nel 2029, quando avrà raggiunto l’età di 67 anni, avrà versato un monte contributi lordi pari a 52.432 euro che le daranno diritto alla rendita annua previdenziale di 2.345 euro lordi (195 €  mensili).

Se non si prendono in considerazione i vantaggi fiscali derivanti dai contributi versati il calcolo costi-benefici risulta improponibile.

 

Credibilità dei promotori di sistemi di previdenza complementare

Pur ipotizzando le migliori garanzie a tutela dei lavoratori che in forma privata o collettiva decidano di aderire ad un sistema di previdenza complementare occorre tenere presente che i contributi versati verranno inevitabilmente affidati ad un ente finanziario la cui natura è e sarà sempre orientata al profitto. Infatti la principale distinzione tra sistema pubblico e privato è data dal fatto che il primo ha una vocazione etica intrinseca ai valori di un corpo sociale che si riconosce in uno Stato che si assume l’onere di garantire la dignità dei propri cittadini mentre il secondo ha come obiettivo prioritario il profitto che può ricavare dall’investimento del denaro disponibile nell’interesse, forse, dei propri aderenti ma in prima istanza nell’interesse dell’ente gestore.

Ciò che è successo negli USA dove decine di migliaia di lavoratori si sono trovati senza pensione a causa del fallimento dei fondi pensione in cui avevano investito è presente nella memoria di tanti. Il fatto che in ambito UE si ipotizzino rigide forme di controllo e verifica sull’impiego dei fondi previdenziali a garanzia degli investitori rassicura fino ad un certo punto dato che anche in Europa banche e istituti finanziari, e tra questi alcuni dei più importanti a livello continentale, hanno dovuto ricorrere ad imponenti sostegni finanziari pubblici (cioè prelevando dalle tasche dei cittadini) per evitare crack dovuti al fatto che anche in Europa hanno fatto ricorso per anni alle stesse pratiche ad alto rischio e, in molti casi fraudolente, attuate negli USA.

Conclusioni

Riassumendo noi riteniamo che occorra avviare un processo di ripensamento globale sulle politiche e le strategie dell’UE. E’ del tutto inutile stupirsi e lamentarsi per le basse percentuali di votanti alle elezioni europee e preoccuparsi per l’avanzata delle forze nazionaliste antieuro.

Solo un diverso approccio che assuma come elemento prioritario dell’azione politica la condizione del cittadino, i suoi diritti, la sua dignità, ecc., può avviare il recupero della credibilità dell’Europa e delle sue Istituzioni.

Il lavoro e le iniziative atte a recuperare i tanti posti di lavoro perduti, la difesa dello stato sociale in tutte le sue componenti sono le priorità sulle quali occorre muoversi.

Tra queste priorità certamente non rientra quella dell’incentivazione allo sviluppo di sistemi previdenziali complementari.

 

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